10 Demon's destiny by Gena Showalter

10 Demon's destiny by Gena Showalter

autore:Gena Showalter [Showalter, Gena]
La lingua: ita
Format: epub
Tags: Literature & Fiction, Romance, Foreign Languages, Italian, Foreign Language Fiction, kane
pubblicato: 0101-01-01T00:00:00+00:00


incrinò la tastiera. Per la seconda volta.

La gettò da parte imprecando e ne prese

una nuova dalla cassa dove teneva i

pezzi di ricambio.

C’erano problemi in tutto il mondo.

La gente si azzuffava e si abbandonava a

tumulti e saccheggi senza alcun motivo

apparente. Non c’era la minima traccia

di Cameo e Viola, che probabilmente

erano in pericolo, magari ferite.

Le capacità difensive di Viola erano

ignote. Cameo invece era una guerriera

esperta, in grado di badare a se stessa,

ma non infallibile.

Un rumore poco familiare attirò la

sua attenzione. Si girò di scatto sulla

sedia, armando la pistola che teneva

sempre a portata di mano.

Una ragazza lo guardò con aria

innocente, tenendo le mani in alto. «Ti

prego» sussurrò.

«Chi sei e come hai fatto a entrare?»

le chiese.

Era pallidissima, con capelli sporchi

e arruffati che un tempo dovevano essere

biondi; il corpo scarno era infagottato in

una camicia da notte macchiata e

strappata.

«Tu sei Torin, vero?»

«Sono la Morte, se non rispondi alle

mie domande.»

«Non sono disposta a dirti il mio

nome. Sono arrivata qui spostandomi

con il pensiero.»

Continuava a sussurrare. Perché?

«Allora ti chiamerò Pazza. Solo un

matto verrebbe qui senza un invito.»

Lei annuì senza alcuna emozione.

«Puoi chiamarmi come vuoi.»

«Perché sei qui?»

Lo ignorò. «Per favore, posso

abbassare le braccia?»

«No.»

«Tremano e io non sono abbastanza

forte per...» Le abbassò lentamente,

come se non riuscisse più a reggerne il

peso. «Mi dispiace. Ti prego, non

spararmi. Non è così che voglio

morire.»

«Sei fortunata che non mi piaccia

imbrattare la mia stanza di schizzi di

sangue.» Torin abbassò la pistola e la

posò sulla coscia, continuando a tenerla

sotto tiro. «Te lo chiedo per l’ultima

volta: perché sei qui?»

Lei tormentò nervosamente la stoffa

della

camicia

da

notte.

«Alcune

settimane fa Crono è venuto da me e mi

ha ordinato di concederti ventiquattro

ore del mio tempo» rispose infine,

sempre a voce bassa.

Non gli piacevano i sussurri. Gli

ricordavano tutte le notti passate per

strada, quando gli amici si portavano

una donna in tenda e lui no. Le coppie

cercavano di fare piano, ma non ci

riuscivano mai.

Ti voglio, bisbigliavano le donne. Ho

bisogno di te.

Finalmente Torin registrò ciò che

intendeva la ragazza.

Crono, un tempo Re dei Titani, era

stato ucciso dalla ragazza di Paris,

Sienna, che ora dominava il reame nei

cieli al posto suo. Prima di morire, però,

aveva fatto un patto con lui: in cambio

dell’impegno a custodire la Chiave

Universale, una reliquia spirituale in

grado di liberare chi la possedeva da

qualsiasi serratura, Torin avrebbe potuto

passare un giorno intero con una donna,

toccandola senza scatenare un’epidemia.

Pareva che il patto fosse ancora

valido.

Forse quello spiegava come mai la

Verga Affilata non l’avesse risucchiato.

Quella scoperta non era nulla, però, in

confronto alla prospettiva di... poter

toccare una donna.

Si sentì la bocca secca mentre la

osservava: nonostante lo stato pietoso,

era graziosa, con grandi occhi castani

che parevano tormentati da mille oscuri

segreti, un nasino a patata e la bocca a

cuore.

Le mani erano sporche e rovinate e

un livido lungo e sottile – non causato da

un succhiotto – partiva dal collo e finiva

sotto la camicia da notte.

La

ragazza

rimase

immobile,

lasciandogli tutto il tempo di osservarla,

lo sguardo fisso sulla parete. Per andare

là occorreva il coraggio di un guerriero,

eppure non riusciva a fissarlo negli

occhi.

Posso toccarla, pensò di nuovo.

«Chi sei?» le chiese di nuovo, questa

volta in tono più gentile. «Per favore.

Ho bisogno di saperlo.»

«Te l’ho già detto, non ti rivelerò il

mio nome.»

«Puoi

dirmi

almeno

perché

sussurri?» chiese, bisbigliando pure lui.

«Questa è la mia voce» rispose lei

arrossendo.



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